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Introduzione

L’obesità costituisce, secondo l’organizzazione Mondiale della Sanità, uno dei principali problemi di salute pubblica mondiale. L’International Obesity Task Force stima che oggi ci siano al mondo oltre 300 milioni di obesi e circa 800 milioni

di persone siano in sovrappeso. In Italia ci sono circa 5 milioni di persone obese e circa 20 milioni di soggetti in sovrappeso. Il sovrappeso è sempre stato considerato una patologia legata all’eccessiva assunzione di cibo, ma l’approccio restrittivo dell’apporto alimentare sul lungo termine è stato assolutamente fallimentare.
Studi recenti hanno dimostrato che nonostante gli obesi abbiano un’abbondante riserva di energia sottoforma di grasso, i segnali che afferiscono dai muscoli e dagli organi periferici al sistema nervoso sono segnali di fame, come se le cellule dell’obeso vivessero costantemente con un tenore di energia disponibile bassissimo, tale da inviare stimoli di fame al cervello.
La scienza si è resa conto che il sovrappeso non è una malattia della quantità ma della qualità dell’alimentazione.
A tutt’oggi sono state individuati circa 300 geni coinvolti nella regolazione della riserve energetiche e del food-intake e circa 30 sostanze, tra ormoni, peptidi e proteine che stimolano l’assunzione di cibo e quasi 50 che la inibiscono. La comprensione di questi meccanismi rappresentano una sfida particolarmente impegnativa per la medicina.
Recentemente sta assumendo sempre più importanza anche il ruolo dell’apparato digerente in questa attività regolatoria, tanto da avere acquisito oggi un ruolo di protagonista nella gestione delle riserve energetiche a pari dignità con il cervello ed il tessuto adiposo.
Infatti, mentre la ghrelina, sostanza prodotta dallo stomaco, stimola l’assunzione di cibo, la colecistochinina (CCK), il peptide YY, il glucagon-like peptide 1 (GLP-1), l’oximodulina e l’amilina rappresentano segnali di sazietà prodotti a vari livelli dall’apparato gastrointestinale in risposta a stimoli meccanici, ormonali e chimici (2).

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